Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, in visita al nostro caseificio

Giovedì 21 Gennaio 2010

Venerdì 22 gennaio Carlo Petrini, ci ha omaggiato della Sua presenza

 

IL DIZIONARIO di SLOW FOOD
 


CARLO PETRINI

Si chiama Gola (nel cognome della levatrice il destino del neonato) l’ostetrica che il 22 giugno 1949, a Bra in provincia di Cuneo, assiste la signora Maria Garombo Petrini nel suo primo parto (casalingo, come allora usava). Al piccolo, che già in culla mostra un’incontenibile vivacità, è imposto il nome del nonno, Carlo Petrini, ferroviere, all’indomani della Grande Guerra consigliere comunale del Psi e poi del Pcd’I, arrestato durante l’ultima delle “spedizioni punitive” con cui, nel 1921, lo squadrismo fascista stronca l’esperienza della giunta democratica guidata dal sindaco socialista Lenti. La famiglia di Carlin, come tutti continueranno a chiamare il primogenito di Maria e Giuseppe Petrini (nel 1957 nascerà una bambina, Chiara), appartiene alla piccola borghesia impiegatizia e artigiana: la mamma dirige l’asilo nido comunale, il papà ha un’officina di elettrauto. Carlin cresce tra la casa paterna e quella della nonna, generazioni e ambienti diversi anche nei costumi alimentari: «Mentre i miei, lavorando entrambi fuori casa, avevano, più “modernamente”, il fulcro della convivialità familiare nella cena, da mia nonna si mangiava un pasto completo solo a mezzogiorno: la sera, pane e formaggio, una tazza di caffelatte e subito a nanna. Ma è lì che ho visto svolgersi e declinare il rapporto stretto tra produzione e consumo del cibo. Come chiunque allora vivesse non troppo lontano dalla campagna, mia nonna preparava marmellate e conserve per l’inverno, spellava galline e conigli, per poi cucinarli con pazienza e orrore per gli sprechi, e nelle stagioni giuste andava nei prati a raccogliere erbe spontanee e insalate selvatiche… La mia è stata l’ultima generazione che ha avuto modo di attingere al patrimonio di saperi e sapori di una società contadina al tramonto». Nei rapporti extrafamiliari, il nipote e omonimo del “massimalista” Carlo Petrini è da subito un leader: i quartieri periferici di una Bra dove i ragazzini possono ancora giocare nei cortili e in strada risuonano delle gesta della “banda di Carlin”, tra le più attive nel disputare ai rivali il controllo del territorio.

Con i luogotenenti, Azio Citi e Giovanni Ravinale, si forma un sodalizio politico-artistico che durerà fino alla morte prematura e improvvisa di Giovanni, nell’ottobre 1999. Dopo la Media, Petrini frequenta l’Itis di Fossano, a 20 chilometri da Bra, diplomandosi nel 1968. Nel frattempo si è radicata in lui la passione per l’impegno socio-politico. Comincia organizzando, da responsabile del settore giovanile della locale Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli, raccolte carta per il Terzo Mondo e soccorsi alle vittime dell’ennesima esondazione del Tanaro, nell’autunno ’68. Prosegue iscrivendosi alla Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento e fondando a Bra, nel 1971, la Cooperativa Circolo Leonardo Cocito, che darà vita nel 1974 al periodico In Campo Rosso e l’anno successivo a Radio Bra Onde Rosse, la prima emittente libera d’Europa. Contro i ripetuti sequestri degli impianti e i procedimenti penali a carico degli amministratori della cooperativa – vicende che contribuiranno alla dichiarazione di incostituzionalità del monopolio radiotelevisivo statale – si mobilita l’intelligentsia che il gruppo di giovani braidesi ha saputo coinvolgere con le sue battaglie per i diritti civili e per l’alternativa al sistema di potere democristiano: tra gli altri Dario Fo, Franca Rame e tutta la “Comune” di Milano, Guido Aristarco, Carla Nosenzo Gobetti, Bianca Guidetti Serra, Leonardo Mosso, Nuto Revelli. Sempre del ’75 sono l’ingresso di Carlin nel Consiglio comunale di Bra, come rappresentante del Pdup, e la fondazione dello spaccio di Unità Popolare, circolo Cica-Crass affiliato all’Arci. Sotto le bandiere della medesima associazione si organizzano, nel triennio ’79-81, i festival di musica popolare Canté j’euv e, negli anni successivi, campi scuola estivi che porteranno in Langa ragazzi di tutta Italia. Da queste esperienze di “turismo sociale”, intrecciate con le riflessioni comuni al gruppo promotore della rivista La Gola, germinano le idee ispiratrici di Arcigola. Il periodo 1979-86 è di incubazione e formazione. Eletto nel consiglio nazionale dell’Arci, Carlin viaggia per l’Italia, prendendo contatto con altre realtà territoriali e di mercato; visita le grandi aree enogastronomiche d’Europa, partecipando nell’82-83 (con Gigi Piumatti e Massimo Martinelli) ai corsi di conoscenza dei vini che si tengono a Beaune, in Borgogna.

 

Tramite la Libera e Benemerita Associazione degli Amici del Barolo riversa queste esperienze in momenti di diffusione della cultura del gusto e di convivialità, anche fuori dai confini braidesi: all’insegna del binomio conoscenza-piacere si svolgono una grande festa in riva al Lago Maggiore, una cena di gala nell’ambito di un convegno di filosofi all’Università di Urbino, una giornata di promozione dei vini e della cucina di Langa a Mira (Ve), corsi di avvicinamento al vino per studenti torinesi. All’inizio degli anni Ottanta risalgono anche le prime collaborazioni di cronaca e critica gastronomica a giornali e guide (Barolo & C., Il Tanaro, la guida ai ristoranti dell’Espresso). All’interno del direttivo nazionale dell’Arci, Carlin patrocina la costituzione di una “lega gastronomica” che sintetizzi, anche nel nome, quanto sta maturando nella realtà associativa braidese e nel dibattito sviluppatosi sulle pagine de La Gola. Da qui in poi la sua biografia si confonde con la storia dei prodromi, della fondazione e dello sviluppo di SF.


Fotogallery